Dei multipotenziali si sente parlare spesso, ormai. E come a volte capita, il senso stretto della definizione a volte si perde e assume sfumature differenti.
Quando parliamo di multipotenziali ci riferiamo a persone che non si riconoscono in una sola carriera o che sentono di avere una sola singola vocazione nella vita. Sono persone che hanno molti interessi, che si sentono attratte da professionalità eterogenee, apparentemente non connesse le une con le altre, e per le quali studiano e fanno il più possibile esperienza.
Quando ho iniziato il mio percorso di studi sulla plusdotazione, una delle primissime domande che ho fatto è stata: i gifted possono essere multipotenziali? Sì. E lo sono quando hanno un approccio orizzontale su tutta una molteplicità di interessi e di professionalità. Di contro, però, non tutti i multipotenziali sono gifted o altamente sensibili.
Fatte le doverose precisazioni, cos’è quindi che rende competitivo essere un multipotenziale e un gifted, oggi?
Il futuro del lavoro è multipotenziale
Nel complesso, l’inesorabile passaggio dalla semplice digitalizzazione (la Terza Rivoluzione Industriale) all’innovazione basata su combinazioni di tecnologie (la Quarta Rivoluzione Industriale) sta costringendo le aziende a riesaminare il modo in cui fanno affari. La linea di fondo, tuttavia, è la stessa: i leader aziendali e i dirigenti senior devono comprendere il loro ambiente in evoluzione, sfidare i presupposti dei loro team operativi e innovare incessantemente e continuamente.
Nel 2016, Klaus Schwab, Fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, ha affermato che stiamo vivendo la Quarta Rivoluzione Industriale, ovvero la rivoluzione delle reti, delle piattaforme, delle persone e della tecnologia digitale che “offusca i confini tra le sfere fisiche, digitali e biologiche”.
In questo futuro in rapida evoluzione, le organizzazioni vedranno sempre di più il loro successo misurato sulla base della loro capacità di rispondere ai cambiamenti del mercato globale in modo sostenibile. E questo potrà essere possibile solo se avranno forze lavoro e team responsabili, interdipendenti, decentralizzati e con un alto grado di adattabilità a nuovi ruoli e sfide.
Emerge ben chiaro il cambiamento a cui stiamo assistendo da diversi anni: la verticalizzazione aziendale, che ha rappresentato un paradigma secondo il quale l’accesso alle informazioni, l’influenza, le ricompense e le collaborazioni erano inflessibilmente legati alla specializzazione di ognuno, oggi – proprio nella Quarta Rivoluzione Industriale citata da Schwab – rivela tutta la sua obsoleta inefficienza a favore di una produttività e di prestazioni che necessitano di diversificazione non solo di genere ma anche di esperienze e competenze.
Una sfida per le risorse umane
Un sondaggio di qualche anno fa condotto da Business Insider su 225 dirigenti aziendali, ha evidenziato che il 22% di loro ha dichiarato che ciò che realmente voleva fare era avviare una propria società. Molti lo hanno fatto e continuano a farlo, dando avvio a nuove realtà aziendali, più piccole e snelle, che in molti casi hanno superato le stesse aziende per cui lavoravano prima.
Da tutto questo a me sembra nascere una naturale conseguenza: il lavoro di un responsabile delle risorse umane è a sua volta cambiato. Da una parte, deve saper conoscere e riconoscere le caratteristiche e le necessità di un multipotenziale e di un gifted, e dall’altra aiutare le organizzazioni a creare ambienti che consentano ad ogni persona di esprimere i propri talenti e le proprie abilità.
Perché inevitabilmente in un sistema noioso, una persona attratta dalla ricerca di un’esperienza stimolante non potrà fare altro che sentirsi frustrata e alla fine decidere di lasciare l’organizzazione.